La start up, è definita da Paul Graham fondatore dell’acceleratore Y Combinator, come “un’organizzazione progettata per crescere velocemente”.
Quando si parla di start up affiora nella propria mente la storia di grandi aziende come Dropbox, Twitter e Airbnb, nate sotto il segno della Silicon Valley.
Nell’immaginario comune le start up sono aziende digital, nate negli anni ’90, durante la bolla delle dot-com, ma é davvero così?
La prima start up fu fondata nel 1892, General Electric, oggi conosciuta come una multinazionale statunitense che da un piccolo laboratorio, in cui i prodotti venivano sviluppati da scienziati interni, è diventata oggi una leader mondiale.
Quello delle start up è un universo affascinante e dalle potenzialità incredibili, costantemente in fermento.
Oggi per essere una start up è necessario “partire da zero”, essere innovativi e avere una crescita esponenziale.
Per conoscere cos’è una start up, quante tipologie esistono e come puoi trovare degli investitori, continua a leggere.
Cos’è una start up e quali sono le sue caratteristiche
La start up è un’azienda in una fase embrionale che vuole affermarsi su un mercato con un business model diverso, più redditizio o più innovativo rispetto alle altre aziende del settore.
Quali sono le caratteristiche che contraddistinguono un’azienda da una start up?
Le caratteristiche necessarie che determinano una start up sono:
- scalabilità, consiste nella capacità di crescere in maniera esponenziale utilizzando poche risorse, come ad esempio arrivare a un maggior numero di clienti nel minor tempo e poco budget;
- replicabilità, è la capacità di replicare i processi validati in piccola scala, in grandi business;
- innovazione intrinseca, è l’essenza di una start up, in quanto il suo obiettivo è trovare una soluzione di un processo o di un prodotto inesistente sul mercato;
- temporaneità, rappresenta la prima fase, transitoria, del ciclo di vita di un’azienda.
Startup Mindset
Il 90% delle start up fallisce prima ancora di riuscire ad intercettare il suo buyer personas, perché?
Flessibilità, agilità, determinazione sono solo alcuni dei fattori necessari per avviare il proprio business. Le start up che riescono a diventare grandi aziende sono caratterizzate da uno start up mindset.
In cosa consiste lo start up mindset?
Nel mercato VUCA, acronimo di Volatility Uncertainty Complexity Ambiguity, in cui tutto corre, le start up devono essere consapevoli di non poter cambiare il mercato, ma di dover comprendere e analizzare il presente. Lo start up mindset è caratterizzato da:
- essere agili e in grado di modificare più volte la propria idea di business;
- accettare gli errori e inglobarli nella propria strategia;
- identificare i reali bisogni delle persone ed essere ossessionati dal consumer e su come dare valore all’esperienza utente.
Start up innovativa
La start up innovativa è una categoria di impresa disciplinata dalla legge 22/2012, la quale determina i requisiti della start up, considerata come una società di capitali, si caratterizza per:
- essere costituita da non più di 5 anni;
- ha sede, o almeno una filiale produttiva, in Italia;
- il fatturato annuo non supera i 5 milioni di euro;
- non distribuisce utili;
- l’oggetto sociale è un prodotto o un servizio ad alto valore tecnologico;
- è un’azienda nuova, non costituita da fusione o scissione;
- possiede almeno una delle seguenti caratteristiche: 1) almeno il 15% del dato maggiore tra fatturato e costi annui è destinato a ricerca e sviluppo; 2) la manodopera complessiva è costituita per almeno un terzo da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, oppure per almeno due terzi da soci o collaboratori in possesso di laurea magistrale; 3) l’impresa è titolare di un brevetto registrato o di un software originario registrato;
Le start up innovative sono iscritte in una sezione particolare del registro delle imprese e beneficiano di una serie di agevolazioni:
- le operazioni sul registro delle imprese sono semplificate dal punto di vista burocratico e fiscale;
- si servono di una disciplina del lavoro appropriata alle start up innovative;
- possono raccogliere fondi attraverso l’equity crowdfunding, purché svolto su portali online autorizzati;
- godono di incentivi fiscali all’investimento da parte di terzi.
Approfondisci >>> Cosa si intende per startup innovative?
Tipi di start up secondo Steve Blank
Seppure le start up si differenziano dalle aziende tradizionali per le caratteristiche sopra citate non sono tutte uguali. Il professore dell’università di Stanford, Steve Blank, differenzia 6 tipologie di start up:
- startup scalabili, Born to Be Big, è la perfetta incarnazione della scalabilità. Sono aziende di nicchia, spesso nel settore tech, che hanno un grande potenziale di crescita e possono essere quotate in borsa;
- piccole startup, Work to Feed the Family, sono piccole aziende, spesso poco redditizie, che si sono autofinanziate e creano posti di lavoro sul territorio circostante;
- lifestyle startup, Work to Live Their Passion, si tratta di persone che vogliono fare della propria passione il proprio lavoro, guadagnano per sé stessi e lavorano prevalentemente da soli;
- startup acquistabili, Acquisition Targets, sono start up nate per soddisfare delle esigenze di mercato di grosse multinazionali già esistenti;
- startup sociali, Driven to Make a Difference, sono aziende no profit fondate per rendere il mondo un posto migliore;
- grandi startup, Innovate or Evaporate, nasce dalla consapevolezza assunta dalle aziende che il ciclo di vita del business è sempre più breve e l’innovazione si presenta come unica ancora di salvezza, in un mercato che corre velocemente.
Startupper definizione: chi sono e cosa fanno?
Startupper definizione: startupper è una persona, e quindi il professionista che fonda o aspira a fondare un’impresa innovativa (startup) che mira a una rapida crescita e ha un modello di business scalabile, sostenibile e replicabile.
Se ti stai chiedendo qual’è la differenza rispetto ad un imprenditore, la risposta è che lo startupper è una figura molto più dinamica, disposto a modificare la propria strategia, e il prodotto, per rispondere correttamente alla richiesta del mercato.
Inoltre, costruisce il suo business sugli smoke test (ovvero dei test che valutano l’efficienza di un processo), guarda al fallimento come parte integrante della crescita e lo trasforma in un’occasione di apprendimento.
Il ciclo di vita di una start-up
Dall’ idea iniziale fino al consolidamento dell’azienda, le fasi del ciclo di vita di una start up sono ben definite.
Le fasi richiedono un ingente quantità di risorse sia umane che finanziarie, per tale motivo i diversi step sono accompagnati da fasi di finanziamento, essenziali per la sopravvivenza aziendale.
Qual è il ciclo di vita di una start up?
- Pre-Seed e Bootstrap
- Seed
- Early Stage
- Early Growth
- Growth
- Exit
Fase di Pre-Seed e Bootstrap
La fase iniziale del ciclo di vita delle start up è la “pre-seed”, letteralmente prima di seminare, consiste nel praticare delle azioni volte a validare l’idea. Occorre analizzare i consumatori e il mercato per definire se questa corrisponde ad un reale bisogno da soddisfare.
Il pre-seed è una fase critica, caratterizzata da una scarsità di finanziamenti, poiché è difficile trovare persone che sono pronte ad investire in un business ad alto rischio di fallimento. In genere, si tratta di business angel, un investitore informale (non banche e istituti di credito) che offre capitale e skill alle start up. Il pre-seed viene detto bootstrap, nel caso in cui la nuova azienda viene finanziata dai risparmi personali o tramite campagne di crowdfunding.
In questa fase comprende anche la formazione del team e la ricerca di un co-founder che possa contribuire al finanziamento.
Fase di Seed
Dopo essersi assicurati che esiste un mercato per l’idea di business e che vi siano dei consumatori disposti ad acquistare il prodotto o il servizio, si costruisce il business model e si sviluppa il MVP, il Minimum Viable Product, un prototipo realizzato con minimi costi che consente agli utenti di sperimentare la value proposition.
In questa fase si costruisce il business model canvas e si redige un business plan. In genere per avviare il business occorrono in media 200.000 euro, per tale motivo per superare il Seed occorre aggiudicarsi gli investimenti europei, nazionali o regionali.
Fase di Early Stage
La fase di Early Stage è una fase delicata quanto decisiva. L’MVP deve essere lanciato sul mercato, occorre attuare strategie di brand awareness, raccogliere i feedback e identificare il product market fit, ovvero la misura in cui il prodotto o servizio è in grado di soddisfare i bisogni di un mercato specifico.
Come si misura il product market fit?
Esistono molteplici metriche per valutare se un prodotto è fit. La più famosa è la metrica del 40% di Sean Ellis: consiste nel chiedere ai propri user come si sentirebbero se non potessero più utilizzare il prodotto o servizio. Se almeno il 40% dichiara di sentirsi deluso significa che il prodotto ha raggiunto il market fit.
Oppure, si possono analizzare metriche, quali:
- passaparola organiche;
- alta percentuale di early adopter (nuovi utilizzatori del prodotto);
- tasso di abbandono di massimo il 5%.
In questa fase occorrono ingenti investimenti di circa 500.000 euro, in questo caso si ricorre a business angel o ai primi Venture Capital.
Fase di Early Growth
La Fase di Early Growth è la fase in cui comincia la crescita.
L’obiettivo è di acquisire il maggior numero di clienti e iniziare l’espansione.
In questo step dovrebbero arrivare i primi ricavi, occorre migliorare il business model per porre le basi ad un processo scalabile nel tempo e redigere, oltre che applicare, il piano di marketing e la strategia commerciale.
A livello finanziario sono necessari Venture Capital e fondi di Private Equity.
Fase di Growth
Questa fase rappresenta il momento della crescita, il prodotto/servizio è sul mercato, è necessario aumentare gli utilizzatori per far crescere in maniera esponenziale il fatturato.
Nel Growth occorre consolidare le attività iniziate precedentemente.
I finanziamenti sono necessari per aggiungere il massimo valore possibile sul mercato prima della quotazione in borsa o della vendita ad altra azienda.
Fase di Exit
L’ultima fase del ciclo di vita delle start up è quella di Exit, corrisponde al momento dell’espansione. In questa fase si raggiunge la piena operatività e si è pronti ad autofinanziarsi mediante i ricavi.
Questo momento è decisivo, in quanto si passa dall’essere una start up a diventare un’azienda.
Come una start up diventa azienda?
Attraverso delle strategie di exit, o di transizione, come:
- le IPO, Initial Public Offering, vendere al pubblico le quote della start up;
- Secondary Sale, il founder vende alcune quote della start up, ma scegli di manterne alcune;
- Mergers & Acquisition, ovvero la startup viene acquistata o fusa da una grande azienda;
- Buyback, ovvero il founder liquida le quote degli investitori e diventa unico imprenditore dell’azienda.
Come si fa a creare una startup?
Per avviare una start-up, come tutte le aziende, è necessario essere in possesso di Partiva Iva, di iscriversi nel Registro delle Imprese e aderire all’INAIL, Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro.
I costi variano in base alla forma giuridica che si sceglie di creare, se è una “srl” i costi partono dai 2.300 euro, escluso capitale sociale; al contrario se è una “srls” i costi sono nettamente inferiori, in quanto sono esenti di costi dei bolli e costo del notaio.
Quali sono i 5 step per creare una start up?
- Concepire l’idea. L’idea deve essere in grado di risolvere un problema, deve essere innovativa, durevole e sostenibile;
- formare il team. I collaboratori devono possedere skill trasversali e devono essere capaci di assolvere a tutte le funzioni necessarie;
- scegliere il Business Model Canvas, è uno strumento di gestione strategica volto a definire i punti di debolezza e di forza di un business e proiettare la rotta della strategia;
- trovare fondi e finanziamenti, fondamentali per la sopravvivenza aziendale;
- fondare la start up e scegliere la forma giuridica, le start up in genere scelgono di essere società di capitali, in particolare delle SRL semplificate o delle SRL Start up innovative.
Al supporto dell’avvio della start up ci sono figure come gli incubatori e gli acceleratori.
Approfondisci: Come si fa a creare una startup? Guida completa in 10 passi
Incubatori e acceleratori
Incubatori e acceleratori sono due realtà essenziali ai fini della formazione della start up, specie nelle prime fasi del ciclo di vita del business.
Gli incubatori aiutano i giovani con idee brillanti a dare forma al loro progetto fornendogli tutte le risorse necessarie. Se ti stai chiedendo cosa offre un incubatore a una startup, la risposta è un luogo fisico dove poter lavorare, servizi di formazione di impresa e sulla realizzazione dei business plan.
Il periodo di incubazione dura circa 36 mesi fino a quando i giovani startupper diventano imprenditori.
L’incubatore è gratis? In genere no, richiedono il pagamento di una fee mensile, una specie di affitto; una quota della proprietà della start up oppure sono finanziati da fondi pubblici.
Dopo aver attraversato il processo di incubazione, la start up si può rivolgere ad un acceleratore per diventare leader nel mercato. Il requisito per entrare in un programma di accelerazione è essere in possesso di un business model ben strutturato e che produce buoni ricavi, infatti è adatto sia alle start up che a giovani aziende. I servizi dell’acceleratore sono focalizzati sulla crescita e sulla conquista del mercato. In genere la durata media di questo processo è di circa 6 mesi.
Come trovare fondi e finanziamenti per fondare una start up
La ricerca di finanziamenti e investitori è uno degli ostacoli più grandi che le start up devono affrontare, specie in Italia.
Il finanziamento di una start up può essere di diverse entità. Quali sono i più comuni?
- Finanziamento in equity, consiste nel cedere ai finanziatori parte della proprietà aziendali in cambio di denaro. Spesso è un’azione necessaria per incrementare il valore della start up;
- finanziamento in debito, spesso erogati da banche o istituti di credito, sono somme di denaro restituite poi attraverso il piano di ammortamento.
All’interno di queste macro-categorie ci sono altre tipologie di finanziamento, come:
- bootstrapping, ovvero l’autofinanziamento;
- love capital, rappresenta il denaro che famiglia, amici e folli investitori investono nelle fasi iniziali di una start up;
- business angel, investitore informale;
- venture capital, è un imprenditore che investe in progetto ad alto rischio;
Business Angel
Un business angel, o angelo custode, è una persona fisica in possesso di un capitale da investire che spinto dall’idea di business decide di finanziare la start up.
Una figura fondamentale già nella fase di seed.
I vantaggi per la start up sono molteplici, oltre al motivo economico, il business angel garantisce professionalità, reputation, networking e mentoring. Si tratta di un finanziamento equity, in quanto consiste nel cedere una quota di proprietà.
Perché il business angel decide di finanziare?
Le ragioni che spingono gli investor a investire sono molte, il motivo principale è che crede fortemente nell’idea e nella crescita esponenziale.
Venture Capital
Le venture capital, sono enti privati, pubblici o misti. Spesso sono società finanziarie specializzate nell’investire in società ad alto rischio. Come nel business angel si tratta di finanziamenti equity. Anche in questo caso oltre alle somme di denaro, le start up ricavano assistenza legale, mentoring e formazione.
I motivi che spingono a un venture capital di investire in una start up sono:
- il team, le soft e hard skill che caratterizzano ogni membro della start up;
- scalabilità, fattore determinante che garantisce la crescita costante nel tempo;
- mercato e settore di riferimento;
- difendibilità dell’idea, brevetti e proprietà industriali;
- impatto, sociale o ambientale, è fondamentale ai fini della scelta.
In Italia, nel primo trimestre del 2022 sono stati 420 milioni gli investimenti nel venture capital.
Qual è la differenza tra PMI e start up?
Secondo la normativa europea, le PMI sono piccole e medie imprese caratterizzate da un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro e che hanno massimo 250 dipendenti.
Da quel che si può dedurre, le PMI sono imprese con dimensioni più grandi e consolidate. Spesso caratterizzate da una struttura organizzativa tradizionale, con una una gerarchia ben definita e con una divisione del lavoro più rigida.
Le principali differenze tra startup e PMI sono:
- Intento di crescita. L’intento di crescita è determinante nella differenza tra start up e PMI. Mentre le start up devono crescere velocemente per sopravvivere e per essere lanciate sul mercato con un prodotto altamente competitivo, le PMI crescono nel tempo ponendosi obiettivi a medio lungo termine.
- Obiettivi aziendali. L’obiettivo aziendale di uno startupper è rivoluzionare un mercato con la sua idea innovativa e con un modello di business scalabile e di forte impatto, mentre quello di una PMI è la pura imprenditorialità. D’altronde i piccoli e medi imprenditori avviano la propria attività in mercati locali già noti.
- Obiettivi finali. L’obiettivo di una PMI è quello di costruire un’azienda che duri nel tempo e che possa essere tramandata nelle generazioni. Per le start up, invece, una volta perfezionato il prodotto/servizio generato si sceglie di vendere il business ad un investitore privato o pubblico.
- Finanziamento. Nonostante sia più difficile per una startup trovare i giusti finanziamenti rispetto alle PMI, è più probabile che le prime riescano ad ottenere dei finanziamenti azionari, grazie a angel investor o venture capital, disposti a donare il capitale in cambio di equity. Al contrario, le PMI non rinunciano a parte della proprietà, per tale motivo prediligono forme di finanziamento di debito come prestiti e linee di credito.
- Livello di rischio. Qualsiasi sia la natura di un’organizzazione economica il livello di rischio è sempre elevato. Sebbene il 20% delle PMI fallisce entro il primo anno, queste hanno il vantaggio di lanciarsi in un mercato già esistente e strutturato. In questo modo i rischi sono inferiori rispetto alle startup.
Altri incentivi: Finanziamenti per start up e PMI
La mancanza di una fonte di finanziamento è un grande ostacolo per il lancio del progetto imprenditoriale. Per tale motivo, gli incentivi rappresentano una valida alternativa per finanziare un’impresa.
Gli incentivi principalmente consigliati dal team finance di Hubstrat, ma al momento non attivi, sono:
- Smart&Start di Invitalia, per progetti innovativi
- Voucher delle Camera di Commercio, per la digitalizzazione aziendale;
- Sace Simest, per progetti di internazionalizzazione.
Smart&Start di Invitalia
Invitalia è l’Agenzia Nazionale per lo sviluppo, di proprietà del Ministero dell’Economia. Dà impulso alla crescita economica del Paese, punta sui settori strategici per lo sviluppo e l’occupazione, è impegnata nel rilancio delle aree di crisi e opera soprattutto nel Mezzogiorno.
Smart&Start Italia è l’incentivo che sostiene la nascita e la crescita delle startup innovative. Finanzia progetti compresi tra 100.000 euro e 1,5 milioni di euro.
Si rivolge alle startup innovative costituite da massimo 60 mesi e che sono iscritte alla sezione speciale del registro delle imprese.
Voucher della Camera di Commercio: digitalizzazione aziendale
Cosa sono i voucher della Camera di Commercio?
I voucher sono dei finanziamenti per le imprese intenzionate ad acquistare servizi di consulenza, formazione e strumenti necessari per la trasformazione digitale.
Da 3 anni le Camere di Commercio italiane offrono servizi innovativi per snellire e supportare i processi burocratici interni ed esterni aziendali. I voucher sono gestiti dalla Camera di Commercio locale.
Le Camere di Commercio nell’ambito del Piano Transizione 4.0 hanno approvato i voucher digitali I4.0 per aiutare le imprese della propria circoscrizione ad investire in digitalizzazione.
La Camera di Commercio di Napoli ha approvato il PID – Punti Impresa Digitale, un importante punto di riferimento per le aziende che desiderano intraprendere percorsi di digitalizzazione.
Il progetto PID è volto a:
- sviluppare la collaborazione tra MPMI, micro, piccole e medie imprese, e i soggetti altamente qualificati nell’ambito delle tecnologie l4.0, attraverso la realizzazione di nuovi modelli di business 4.0 e modelli green oriented;
- promuovere l’utilizzo delle MPMI dei servizi inerenti alle nuove tecnologie digitali in attuazione della strategia definita nel Piano Transizione 4.0.
Si rivolge a start up, micro, piccole e medie imprese che hanno sede legale e/o operativa nel territorio di Napoli e Provincia.
Sace Simest: progetti di internazionalizzazione
Sace Simest affianca le imprese nel percorso di internazionalizzazione attraverso finanziamenti a tasso agevolato, partecipazioni al capitale e supporto all’export credit.
Si rivolge a tutte le PMI italiane costituite da società di capitali e che hanno depositato presso il Registro imprese almeno due bilanci relativi a due esercizi completi.
I finanziamenti per l’internazionalizzazione delle imprese possono coprire le spese, fino a 800.000 euro per:
- Patrimonializzazione;
- Partecipare a fiere internazionali, mostre e missioni di sistema;
- Inserimento mercati esteri;
- Temporary export manager;
- Ecommerce;
- Studi di fattibilità;
- Programmi di assistenza tecnica.
I benefici del finanziamento di Sace Simest sono:
- Tasso agevolato pari al 10% del tasso di riferimento UE;
- Valutazione preliminare delle opportunità offerte da un mercato;
- Formazione del personale locale collegato ad un investimento estero.
Quando una startup non è più una start up?
Il passaggio da start up ad azienda non è sempre così lineare ed evidente. Una start up diventa azienda quando:
- il prodotto ultimato e validato viene lanciato sul mercato, terminando la fase di test;
- quando il prodotto non è più innovativo e non rispetta più le caratteristiche di replicabilità, innovazione intrinseca e scalabilità;
- dal punto di vista giuridico, dopo 5 anni dalla creazione di una società di capitali.