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Il valore del tempo nell’era della cultura digitale

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Sveglia alle 7.00, apro gli occhi come se mi avessero catapultato in una dimensione sconosciuta, inconsapevole del motivo per il quale sia venuto al mondo.

Ancor prima che si formi a pieno la consapevolezza di chi sono, vedo con la coda dell’occhio il mio smartphone sul comodino e l’istinto mi porta a prendere quella mattonella nera e a cominciare a leggere una sfilza di notifiche che mi ricordano il come, il per chi e il perché svegliarmi, l’elenco delle attività che mi aspettano, il programma della giornata e circa 10 email da leggere. Ok tutto mi torna chiaro.
Ora l’attenzione passa sulla cartella social e nel frattempo mi alzo dal letto: direzione toilette.
Prima Twitter poi Facebook mi accompagnano in una rapida lettura di ciò che succede nel mondo e tra la rete dei miei contatti. Qualche like, un post del buongiorno, lettura ai feed rss e comincia la giornata.

Negli anni ’20 forse avrei impiegato un mese circa per incamerare così tante informazioni, mentre ora è bastato il tragitto tra la camera da letto e la toilette. Forte, vero?

Il tempo pare si sia allargato. Tra qualche anno non mi stupirei se cominciassimo a parlare di attività svolte per secondi e non per giorni.

Una giornata è fatta di 86.600 s e con la penetrabilità e portabilità di internet pare si voglia ottimizzarli tutti.

In 10 secondi leggiamo più o meno 2 post su facebook, in 36 secondi prenotiamo un volo andata e ritorno per Barcellona al minor costo possibile, in 29 secondi acquistiamo una cena per due vista mare, in 35 secondi raggiungiamo oltre 100 amici con la pubblicazione di un post che dice: “Barcellona sto arrivando!”.

I confini temporali nell’era digitale

L’era del digitale ha decisamente ridisegnato i confini temporali, ma soprattutto culturali di tutti noi; Siamo abituati ad ottenere tutto e subito e ragioniamo quasi alla stregua di un’applicazione.
Per ogni bisogno cerchiamo l’immediata risoluzione impegnandoci con il solo sforzo di un click con il nostro dito sul mondo.
Il tempo sembra essere un nemico del digitale. Forse l’unico.

È considerato come una variabile indipendente insormontabile.
Messaggi come: “In poco tempo prenoti il tuo viaggio”, oppure “Quanto tempo impieghi per pagare il tuo bollettino?” o ancora “La soluzione per la tua spedizione rapida in 24h” rappresentano solo alcuni dei tanti messaggi di advertising delle applicazioni web che ci propongono di giorno in giorno.

Qual è la leva? Il tempo è una risorsa scarsa ed è costoso.

Riflettendo sulle nostre abitudini quotidiane realizziamo che il sistema delle nostre azioni con l’avvento del digitale si è modificato da un modello “in serie” ad uno “in parallelo”. Parlo del multitasking. Questa funzione, nota per chi nasce e vive con il digitale, consiste nello svolgere più attività in contemporanea riuscendo così ad ottimizzare i tempi.
Una soluzione decisamente appetibile per chi guarda al tempo come una risorsa scarsa e idolatra l’epopea del fare tutto e in contemporanea, peccato però che bisogna fare i conti con il nostro cervello che “non è cablato per il multitasking”.

Rispondere al telefono, cercare qualcosa su internet, acquistare un prodotto, pubblicare un post, controllare la posta ecc. sono tutte azioni che modificano i centri del cervello deputati alla ricerca della novità e della ricompensa.
Il neuroscienziato Daniel J. Levitin , direttore del Laboratory for Music, Cognition and Expertise alla McGill University e autore del libro “The Organized Mind: Thinking Straight in the Age of Information Overload in una sua dichiarazione afferma che:

Si risponde e ci si sente ricompensati per aver portato a termine un compito (sebbene sconosciuto fino a 15s prima).

Una sorta di ritorno ad un’attività celebrale di tipo Stimolo-Risposta, fuori da qualsiasi azione di interpretazione.
Il digitale e l’accesso alle “rapid application” formano così nelle persone 2 interpretazioni del tempo.
La prima che ne “è sempre troppo poco” e “non c’è mai tempo” per far tutto in riferimento all’infinita quantità di possibili servizi, la seconda è che si potrebbe far tutto, in riferimento alla semplicità e velocità di utilizzo delle application. Ebbene sì, si tratta di un bel conflitto.

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