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YouTube: ascesa e declino di una piattaforma

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L’incredibile digitalizzazione dell’intrattenimento che abbiamo affrontato negli ultimi 15 anni ha portato le nuovi generazioni a sostituire i media tradizionali con altre piattaforme.

Le ultime a essere interessate da questo fenomeno sono quelle dedicato allo streaming.

Con oltre 2 miliardi di utenti attivi all’ora, dopo quasi 10 anni di incontrastata egemonia ed essere stata acquistata da Google, YouTube deve ora affrontare una concorrenza molto più giovane e con modelli di business differenti: Tiktok e Twitch (ormai acquisito da Amazon).

Tali piattaforme intercettano un target di riferimento diverso da quello del sito di Google, rivelando un  territorio interessante, in cui i brand possono investire per entrare in contatto con un pubblico diverso da quello dei social network “classici”. Un esempio, dalla pagina TikTok di Virginia Montemaggi:

@virginiamontemaggi Magari fosse così veloce farsi un panino quando si ha fame😋😋 #GalbaChallenge #ad #GALBANINO♬ Galbanino – Skiori & Sope

È chiaro però che non è solo il target a differenziarsi, ma anche i modi per entrare in contatto con il pubblico e fare pubblicità. In questo articolo cominceremo a trattare Youtube e Google Ads.

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Google Ads: come funzionano gli spazi pubblicitari su YouTube?

Le pubblicità su Youtube sono gestite attraverso Google Ads.

Si tratta di un’applicazione attraverso la quale Google mette a disposizione spazi pubblicitari agli investitori.

Si divide in due settori:

  1. Google AdSense è la parte della piattaforma dove i partner Google mettono a disposizione i loro spazi per annunci pubblicitari. Quest’ultimi vengono elaborati dall’algoritmo Google e pubblicati su spazi che hanno una buona affinità con il prodotto offerto.I partner guadagnano quindi sui click agli annunci pubblicitari, ma anche dalle esposizioni, definite “impression”, che fanno riferimento al modello di costo CPM (costo per mille). In questo modo il pagamento avviene solo dopo 1000 visualizzazioni dell’annuncio.
  2. Google Adwords permette ad un investitore di farsi pubblicità attraverso la rete Google, ovvero su tutti i siti proprietari e affiliati a Big G.Questa ha due diramazioni per permettere di dividere meglio i posizionamenti in cui pubblicare gli annunci: le reti di ricerca e le reti display.

Se l’investitore decidere di utilizzare le reti di ricerca, i suoi ads appariranno tra i primi risultati su Google in risposta alle ricerche dell’utenza e in base alle parole chiave inserite in fase di definizione della pubblicità, pagando per ogni click ricevuto una determinata somma.

Se l’investitore invece decide di usare le reti display, il discorso è un po’ diverso.

Le reti display comprendono più di un milione di siti e applicazioni per smartphone, riuscendo a raggiungere oltre il 90% dell’utenza Google.

L’obiettivo delle reti display è quello di intercettare una determinata utenza offrendogli servizi e/o prodotti che non sanno di volere.

L’algoritmo di Mountain View elabora le chiavi inserite e le pubblicità verranno viste da un target specifico e interessato ad argomenti affini a quelli dell’offerta, evitando di proporre il prodotto a un pubblico disinteressato all’acquisto.

Questo avviene sui siti affiliati di Google, cioè che rispettano tutti criteri d’immagine imposti dall’azienda, attraverso l’utilizzo di banner e/o di pubblicità a schermo.

È proprio questo tipo di ads che è implementato su Youtube.

Un creatore di contenuti che supera gli standard per diventare “partner Youtube” sottoscrive un accordo di partnership (cioè non è un dipendente Google e, in quanto tale, non gode gli stessi diritti di un lavoratore) tramite il quale vengono implementati degli spazi pubblicitari all’interno dei video.

Il creatore di contenuti guadagna una certa cifra lorda per ogni 1000 visualizzazioni dell’ads, sulla base del modello di costo CPM. La somma è successivamente divisa con Youtube in percentuali, basate sul regime fiscali del paese in cui il creator opera.

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2017: l’inizio del declino

Nel febbraio 2017, Youtube si confrontò con una crisi del suo modello pubblicitario.

Tutto ebbe inizio quando il Wall Street Journal pubblicò un articolo sulla rottura del rapporto tra Pewdiepie, lo youtuber con più iscritti al mondo, e la Disney.

Le responsabilità della rottura erano riconducibili alla controversa ironia, accusata di antisemitismo, presente nell’ultimo video pubblicato al tempo dal creator svedese.

La vicenda suscitò l’attenzione degli investitori che presero atto della presenza di contenuti controversi sulla piattaforma, associati spesso alle pubblicità dei vari brand.

Si innescò una protesta: le aziende, non contente di essere associate a contenuti controversi, ritirarono le loro pubblicità da Youtube. Richiesero di eliminare qualsiasi tipo di contenuto anche lontanamente controverso, o almeno evitarne la promozione.

Youtube e Google scelsero di avallare queste richieste, suscitando una crisi che, silenziosamente, continua ancora oggi.

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Il nuovo algoritmo e la demonetizzazione: la Ad-pocalypse

Google e YouTube scelsero di modificare l’algoritmo di selezione video, differenziando tra i cosiddetti contenuti friendly e i contenuti considerati controversi.

L’algoritmo analizza automaticamente i video che sulla base di determinati fattori (utilizzo di determinate parole nel video, nei thumb e nei tag) ed eventualmente può inserirli automaticamente nella modalità con restrizioni, un’inedita categoria dai contenuti monetizzabili.

Il problema è la totale mancanza di contestualizzazione dell’estromissione dalla monetizzazione. Milioni di video, che spesso trattavano argomenti controversi a scopo divulgativo (storico, geopolitico, filosofico, ecc), vennero “demonetizzati” e penalizzati automaticamente.

Ciò determinò una netta diminuzione degli introiti dei creator sulla piattaforma, che cercarono nuovi modi di guadagnare, spesso ricorrendo a piattaforme terze come Patreon.

Ma anche Youtube ebbe gravi ripercussioni economiche: i contenuti considerati controversi infatti corrispondevano a quelli che generano i maggiori introiti.

La cosiddetta “Ad-pocalypse” e il nuovo algoritmo hanno profondamente modificato Youtube.

La piattaforma si è aperta a un target generalista, perdendo un’enorme fetta di pubblico – in particolare gli utenti tra i 16 e i 35 anni.

Fu così che creator e pubblico cercarono un nuovo posto dove condividere passioni e argomenti banditi da Youtube.

Questo momento coincise con la piena maturazione di Twitch, di cui abbiamo già trattato.YouTube: ascesa e declino di una piattaforma - Hubstrat.

Uno sguardo verso il futuro

In un mondo in cui l’egemonia e il monopolio informatico sono nelle mani di una Google sempre più criticata, affrontare le sue applicazioni è un vero e proprio atto di coraggio, soprattutto quando li si vuole affrontare in campo tecnico.

È chiaro che, per raggiungere un pubblico generalista, bisogna ricordare che avere a che fare con Google e delle Ads così pervasive e intrusive è necessario – se non inevitabile.

Al contempo l’estensiva esposizione a questo tipo di pubblicità potrebbe rendere il pubblico assuefatto e disattento ai prodotti proposti.

I modelli differenti presentati da piattaforme come Twitch o TikTok sembrano attrarre le attenzioni del pubblico in modo differente.

Il prodotto viene proposto dagli influencer all’interno di un contesto dai temi affini, in un discorso che lo rende interessante se non necessario per partecipare attivamente al confronto.

La discussione sul prodotto e del prodotto riesce quindi ad essere molto efficace se proposta nei giusti contesti ai giusti target, rendendo questi social più portati per prodotti e pubblici specifici e non generalisti.

Di conseguenza possiamo affermare che mettere a confronto social come YouTube e Twitch non ha molto senso.

Possono sembrare due piattaforme molto vicine, ma hanno un bacino di utenza e un target molto differente.

I loro modelli pubblicitari, quindi, sono molto distanti ed entrambi hanno un’ottima efficacia sul proprio pubblico.

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